Nella multicolore tavolozza enologica della regione Veneto, davvero generosa da questo punto di vista, il Torchiato di Fregona rappresenta a mio parere quella sfumatura di colore introvabile per poter finalmente completare il tuo outfit, la cosiddetta ciliegina sulla torta.
In un pomeriggio umido di fine maggio ho deciso di fare una scampagnata a Fregona, in occasione della 47^ Mostra del Torchiato: un vino di cui avevo sentito tanto parlare, ma che dopo quasi due anni in terra veneta, non avevo ancora avuto il piacere di assaggiare.
A circa un’ora da Venezia il paesaggio si tinge di verde ovunque e si comincia a salire verso le colline del trevigiano: nell'ultima parte del percorso lungo la strada si snodano vigneti ordinati, rigogliosi nell’aria calda e gravida di pioggia.
Per arrivare al Centro di appassimento del Torchiato si sale e poi si scende, finché non si arriva ad una piccola costruzione abbellita da splendide ed opulente rose gialle in fiore: il panorama sulla valle è affascinante e reso misterioso da un velo di bruma.
Il Centro o cooperativa Piera Dolza è nato 10 anni fa dall’unione di sette piccoli produttori per preservare un vino che stava scomparendo: quest’anno si festeggia il decennale con l’immissione in commercio dell’annata 2013 del Torchiato di Fregona Colli di Conegliano DOCG, un’annata particolarmente felice dal punto di vista anche enologico.
Il Torchiato è un vino che risale al XVII secolo, secondo le testimonianze, ma sembrerebbe ancora più antico, non ne abbiamo la certezza; è l’unico passito italiano costituito da tre vitigni autoctoni: Glera, Boschera e Verdiso, in differenti proporzioni e con l’aggiunta del 15% di uve tradizionali non aromatiche. Le uve sono raccolte tardivamente e fatte appassire sui graticci per sei mesi e poi sottoposte a triplice spremitura al torchio, una volta manuale; il mosto viene lasciato riposare in botti scolme di legno differente: fondamentale è la sua ossigenazione, non l’acquisizione di determinati sentori.
Ho trovato una curiosa coincidenza il fatto che quegli stessi graticci per i restanti sei mesi erano in passato utilizzati per l’allevamento dei bachi da seta, fonte integrativa di sostentamento delle famiglie locali fino agli anni settanta del secolo scorso; ho vissuto infatti la mia infanzia e adolescenza in un’altra zona italiana famosissima per la bachicoltura e ho ben vivo il ricordo di quanto fossero gremiti i graticci, di foglie e dei loro voraci ospiti.
Il Torchiato, di cui ho assaggiato le annate 2015 e 2016, è un vino dal bellissimo colore ambrato, non così dolce come ci si aspetterebbe perché l’acidità delle uve bilancia bene il grado zuccherino (140 g/lt circa, tenendo conto che da 100 kg di uva si ottengono circa 20 lt di vino); al naso inebria con sentori di frutta candita gialla e agrumata, dattero e spezie dolci, mentre in bocca aggiunge una certa freschezza che non rende stucchevole il finale.
Per il mio gusto, ho trovato il 2016 meno dolce e più bilanciato, ma nel complesso entrambe le annate di pregio, un’ esemplare espressione del territorio.
Approfittando delle etichette in degustazione, ho fatto anche approfondito la conoscenza della Boschera, una ventata di fiori freschi bianchi profumati e grande acidità, e del Refrontolo passito Colli di Conegliano DOCG di Toffoli: un Marzemino in purezza burroso, una vera confettura di ciliegie e marasche che avrei volentieri bevuto con una fetta di torta al cioccolato fondente.
Da ultimo una scoperta è stata l’olio extravergine di oliva della zona, profumatissimo e molto aromatico, in assaggio con accompagnamento di formaggio di capra locale, anch’esso delizioso. Per l’occasione Fregona è entrata nell’associazione nazionale “Città dell’olio” con relativa consegna della bandiera: riconoscimento ben meritato e approvato anche dalle papille gustative dei presenti.